Facebook X Per la rassegna “Un’estate da Re”, la Reggia di Caserta ospiterà il Nabucco (8 e 11 luglio). Il Maestro Trespidi ci racconta questo straordinario progetto. “Un’estate da Re”: la 9° di Beethoven nell’aria Camminare lungo il perimetro della Reggia di Caserta in tarda serata è un’esperienza sublime: i rumori del traffico sono finalmente attutiti, […]
Per la rassegna “Un’estate da Re”, la Reggia di Caserta ospiterà il Nabucco (8 e 11 luglio). Il Maestro Trespidi ci racconta questo straordinario progetto.
“Un’estate da Re”: la 9° di Beethoven nell’aria
Camminare lungo il perimetro della Reggia di Caserta in tarda serata è un’esperienza sublime: i rumori del traffico sono finalmente attutiti, le luci si inchinano per lasciare un po’ la scena alle stelle e nell’aria, soprattutto d’estate, si sente una frescura profumata di verde, estasi pura per l’esteta.
Qualche sera fa non c’era solo il consueto profumo nell’aria, ma qualcosa di ancora più impalpabile e potente: la musica della 9° sinfonia di Beethoven diretta da Sir Antonio Pappano. E l’emozione è stata molto forte, forse troppa da sostenere, soprattutto quando con l’Inno alla gioia (e alla libertà dei popoli) il pensiero è volato subito alle vittime di Dacca: così, mi ha raccontato qualcuno all’uscita.
Con un trionfo assoluto si inaugura, dunque, Un’estate da Re, la rassegna che proseguirà l’8 e l’11 luglio con il Nabucco di Verdi diretto dal geniale Maestro d’orchestra Daniel Oren.
La regia dello spettacolo è firmata dal Maestro Stefano Trespidi. La Reggia vanvitelliana, fucina di un focolaio di rinascita culturale della Campania che non è solo Gomorra, è diventata un po’ la mia seconda casa: cosicché, durante una pausa di lavorazione, ho il privilegio di intervistare il Maestro Trespidi, l’artista che ha la responsabilità di dirigere una messa in scena da kolossal con più di 400 persone tra coristi, attori e figuranti.
Stefano Trespidi e il Nabucco di “Un’estate da Re“
Maestro, innanzitutto, le do il benven…
Non darmi del lei e non chiamarmi Maestro!
Mi sento molto a disagio, ma non oso controbattere. Dicevo, benvenuto alla Reggia di Caserta: ci sei mai stato prima? Cosa pensi di questo “set” per il Nabucco?
Non sono mai stato alla Reggia di Caserta anche se è sempre stato un mio grande sogno. Sono emozionato. È uno scenario naturale meraviglioso per l’opera all’aperto. Credo che unire la bellezza architettonica con il melodramma sia intrecciare due capisaldi della cultura italiana.
Daniel Oren dirige l’orchestra: in che modo il tuo lavoro si sposa con quello del maestro israeliano?
Daniel Oren è uno dei migliori direttori d’orchestra per il repertorio italiano e, in assoluto – di questo ne sono convinto – il miglior direttore d’orchestra per opere come il Nabucco.
So che hai una grande stima del Maestro Zeffirelli con il quale hai iniziato la tua carriera come aiuto regista volontario per l’Aida. Parlami un po’ di questo rapporto.
Ho inseguito il Maestro Zeffirelli dopo aver lavorato in Arena per la Carmen del 95’. L’ho inseguito, cercato… la prima occasione che ho avuto è stata per l’Aida di Busseto, l’Aida piccola, perché si svolge nel teatro più piccolo al mondo. E da lì ho cominciato a muovere i primi passi insieme a lui. Gli stavo molto antipatico, come lui mi ha detto in seguito. Poi, pian piano, in Arena, lavorando con le sue opere, mi ha conosciuto meglio, in qualche modo apprezzato, e adesso è per me un grande onore riprendere i suoi spettacoli in tutti i teatri del mondo.
In qualche modo, dunque, il lavoro di Zeffirelli ti influenza?
Ma certo. Questa apertura del muro del 1°atto del Nabucco è un omaggio al Maestro per i colpi di teatro: l’apertura centrale per rivelare quello che è dietro… assolutamente si.
Com’è lo stato della lirica italiana rispetto al contesto internazionale?
L’Italia sta affrontando una grave crisi che è soprattutto una crisi di finanziamento. La lirica è stata tarata per dei meccanismi di costo e di gestione del lavoro che sono oramai anacronistici. La cosa bella è che, invece, sta fiorendo in posti impensabili come il Medio Oriente. Io lavoro spesso in Oman o ad Astana nel Kazakistan. In Medio Oriente sono molto legati al meccanismo produttivo anglosassone e ci sono più mezzi a disposizione.
Il Nabucco di Verdi può comunicare qualcosa alle giovani generazioni? Quelle degli smartphone e dei social network intendo…
Mio Dio, può comunicare milioni di cose o nulla… È chiaro, ci vuole sempre la disponibilità all’ascolto. Nel Nabucco c’è tutto: c’è la musica, c’è un conflitto di civiltà, c’è un grande senso estetico. È una sintesi della nostra cultura. Non a caso è un’opera che si è prestata anche al Risorgimento.
Prossimi progetti?
Ce ne sono tanti. Però non si possono rivelare.
Un sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe fare la regia di un film, qualcosa di molto tradizionale. Tipo Casa Howard. Ma all’italiana…(ride n.d.r.).
Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.