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Fausto Mesolella: buon viaggio, poeta della chitarra

by | 3 Apr 2017 | Musica | 0 comments

Facebook X Fausto Mesolella si è spento giovedì scorso, a 64 anni, in provincia di Caserta. Vorrei ricordarlo così com’è vissuto, sul palco, con la chitarra in spalla… La prima volta non si scorda mai 2012. Il cielo è grigio, eppure è primavera. Sembra che il sole sia annegato in un oceano di nuvole nervose. Fausto Mesolella […]

Fausto Mesolella si è spento giovedì scorso, a 64 anni, in provincia di Caserta. Vorrei ricordarlo così com’è vissuto, sul palco, con la chitarra in spalla…

La prima volta non si scorda mai

2012. Il cielo è grigio, eppure è primavera. Sembra che il sole sia annegato in un oceano di nuvole nervose. Fausto Mesolella presenta il suo primo disco solista: Suonerò fino a farti fiorire. Un titolo che è già poesia. Fa pensare al potere della musica che – in alcuni casi fortunati – fa miracoli, spingendoci a tirare fuori il meglio di noi. Facendoci fiorire, appunto.

Ad Aversa, in provincia di Caserta, la rassegna Bianca d’Aponte ogni anno dà spazio alle migliori voci femminili della mia terra (e non solo). Mesolella, aimè, lo conosco solo per il brano Sentimento degli Avion Travel, vincitore del Sanremo nel 2000. So che è bravo con la chitarra, ma non so precisamente cosa aspettarmi.

Ecco che si abbassano le luci… Nella piccola sala comincia a diffondersi il suono magico della Gibson Chet Atkins rossa, la sua inseparabile chitarra consunta (la chiamava L’insanguinata).

Tanta bellezza mi conquista e, a poco a poco, mette in moto il mare delle emozioni. Gli occhi mi luccicano, ma non fa nulla. Fiorire è anche tirar fuori i sentimenti, dimenticandosi dell’etichetta. Almeno per stasera.

Le note si susseguono delicate e impetuose, le dita volano sulle corde, leggere come farfalle… Fausto Mesolella non ha mai suonato solamente. Lui amava il suo strumento, venerava la Dea Musica e quell’amore lo trasmetteva agli altri, con garbo ed eleganza.

Ricordo ancora le parole che utilizzò per presentare una versione personale di O’sole mio: «Questa canzone è stata sempre gridata, un po’in tutte le versioni, in tutto il mondo. Io vorrei invece riportarla al suo senso originario… Per me, il ritornello non va urlato: è un sussurro…».

 

 Gli Avion Travel e i successi sanremesi

Da quel giorno, Mesolella e la sua chitarra sono stati i discreti compagni della mia vita. Per molti artisti, è stato un faro, uno stimolo per insistere a fare arte nel difficile territorio casertano.

A differenza di tanti altri, Fausto non si è mai imborghesito, né ha mai cercato facili consensi nella frivolezza della musica mainstream.

Pur avendo girato il mondo in lungo e in largo, ha continuato con caparbietà a presidiare il suo territorio d’origine e a cercare il dialogo con i giovani artisti e amanti della musica: «E’ la mia terra» diceva in un’intervista «e pur nella situazione depressa in cui respiriamo continua a essere elemento di forte sollecitazione creativa».

La sua vita è stata costellata di piccoli e grandi successi. Dopo varie formazioni, nel 1978 esordisce con il prog-rock dei Mediterranea (nei suoi concerti, si divertiva a raccontare che l’album Ecce Rock curiosamente venne distribuito in Giappone, ma non in Italia!).

Al 1986, risale il suo ingresso nella Piccola Orchestra Avion Travel, con la quale otterrà vari riconoscimenti: il Premio della critica e della giuria di qualità al Festival di Sanremo (1998) come miglior musica e arrangiamento per Dormi e Sogna; il 2000, invece, è l’anno della vittoria al Festival, con il brano Sentimento, che regala alla band consensi e popolarità nazionale.

Fausto Mesolella, non solo Avion Travel

Ma il cammino artistico di Mesolella non è legato solo al gruppo casertano degli Avion Travel. Il suo è stato un lungo cammino di collaborazioni, sperimentazioni e incursioni in diversi linguaggi artistici.

È stato compositore (Si voltò per Andrea Bocelli), produttore  (L’amore è fortissimo e il corpo no di Nada), chitarrista (Grazie di Gianna Nannini), autore di colonne sonore (la straordinaria soundtrack del film muto Il ladro di Bagdadedito nel 2010 da La Repubblica/L’Espresso).

A proposito di cinema, il gustoso esordio registico di Fabrizio Bentivoglio Lascia Perdere, Johnny (2007) è liberamente tratto da alcuni episodi della vita di Mesolella, autore della colonna sonora. Il film è un tuffo divertente e malinconico nei sogni di un ragazzo che vive nella provincia di Caserta negli anni 70’, inseguendo, con difficoltà, il sogno di diventare musicista.

Quello che non voglio: un testamento artistico

Uno dei recenti progetti di Fausto Mesolella è stato il disco Canto Stefano (2015), in cui c’è un pezzo che mi sta particolarmente a cuore. Si intitola Quello che non voglio. Benni lo scrisse per De Andrè. Ma il destino ha voluto che diventasse una canzone di Mesolella.

Il brano sembra essere il testamento artistico di un musicista cosmopolita, ma legato alla sua terra per vincolo di sangue, restio ai richiami del successo facile, innamorato della musica e della sua città nonostante tutto (e tutti).

Vi lascio con queste strofe; di sicuro, meglio di qualsiasi mio commento, rendono giustizia all’artista che, con difficoltà, ho cercato di tratteggiare:

«Io non voglio morir cantante
Se al buon sonno del padrone
Servirà la mia canzone
A gola storta voglio cantare
Ringhio di porco e romanze nere (…)

E io non voglio morire libero
Se i begli alberi del mio giardino
Annaffia il sangue del mio vicino
Meglio la peste che l’ipocrita danza
Di vostra santa beneficenza
Chiudete la cella lasciatemi stare
Di libertà vostra non voglio morire

Io non voglio far altro che vivere
Tra una corda e l’altra saltando
Dentro la cassa di una viola da gamba
Voglio ascoltare le voci di fuori
Ringhio di porco voce di dama
Tamburo indio amore che chiama
E voci spezzate di cento popoli
Che dalla mia terra non voglio scacciare
Io voglio vivere, non ho altro da fare

Io non voglio che mi ricordiate
Nel trionfo, ma nella mia sera
Nelle cose che dissi tremando
In ciò che suonai con paura
Povere genti che ai menestrelli credete
Dimenticarvi di me non potrete
E io di voi scordarmi non posso
Dentro un tramonto feroce e rosso
Dentro un cielo di sangue e vino
Ascoltate come sembra il primo
L’ultimo accordo che io imparai
Io non voglio, non voglio morire
E a morire non riuscirò mai».

Buon viaggio, poeta della chitarra!

 

<a href="https://sopralerighe.it/author/p-brancaccio/" target="_self">Pietro Brancaccio</a>

Pietro Brancaccio

Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.

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