Intelligenza artificiale: cos’è, come si usa e come regolarla
L’intelligenza artificiale è una tecnologia che imita la mente umana. Ha usi e rischi vari. Serve regolarla con regole ed etica.
Lo scorso 18 maggio sono state presentate le nuove divise del personale Alitalia, disegnate dallo stilista italiano Ettore Bilotta e ispirate al fascino rivisitato degli anni Cinquanta e Sessanta.
La compagnia di bandiera, appartenente per il 49% alla Etihad Airways di Abu Dhabi dal 2014, non metteva mano al look dei dipendenti dal 1998, quando Mondrian (un marchio del gruppo Nadini) le aveva ripensate nei colori verde e blu.
Bilotta, che negli anni passati ha già ridisegnato le divise della Guardia di Finanzia italiana e quelle della stessa Etihad Airways, spiega di aver ricevuto un brief molto dettagliato dalla compagnia: “La cosa più importante era far conoscere l’Italia, sinonimo di eleganza, sinonimo di accoglienza, sinonimo di cultura, di arte”. Per il personale di volo femminile è stato progettato un colore rosso con dettagli (guanti, borse, calze e scarpe) verdi, mentre al personale di terra è stata assegnata una colorazione inversa.
“L’uomo l’ho voluto più formale” continua Bilotta, descrivendo il completo in verde con cravatta rossa scelto per il personale maschile, “tipicamente italiano, molto elegante”. I cappelli sono stati ispirati dai famosi terrazzamenti delle Cinque Terre liguri, di cui ricordano la forma.
L’entrata in scena delle nuove uniformi, indossate per la prima volta lo scorso 8 giugno, è stata accompagnata da una piccola protesta nei pressi del Crew Briefing Center di Fiumicino: un delegato sindacale del personale navigante ha spiegato che le divise non rispettano gli standard dell’associazione nazionale delle compagnie aeree, in quanto realizzate in acrilico, e quindi altamente infiammabili, per più del 50%. Il dato è stato smentito dalla compagnia stessa, che ha spiegato come i nuovi capi siano formati al 96% da lana italiana e al 4% da elastane.
Si sono aggiunte proteste anche riguardo alla forma, che secondo alcuni dipendenti non rappresenterebbe un simbolo di riconoscimento del personale ma solo un bel vestito.
Da ieri, inoltre, è in corso un dibattito innescato da Massimo Gramellini, che ha intitolato il suo Buongiorno “Alì Italia” e criticato fortemente le nuove uniformi (“Direttamente da un incubo della Fallaci o da un romanzo di Houellebecq sull’ Europa Saudita”, cit.), facendo ironia sul design sobrio e la matrice culturale dell’azionista: “Le ha disegnate un milanese, ma il committente è musulmano e si vede. Dalla punta dei capelli a quella dei piedi, sarebbe vano cercare un centimetro di pelle scoperta”. E se da una parte abbiamo una scarsa conoscenza del giornalista riguardo alla compagnia criticata (nell’articolo originale c’era scritto che è di Dubai, poi è stato corretto), dall’altra viene spontaneo domandarsi quale sia il nesso tra la stessa e il design delle divise.
Innanzitutto non ci sono prove che dimostrino l’influenza dell’ Etihad sulle scelte formali di Bilotta, e poi, passando in rassegna le divise che hanno vestito il personale Alitalia prima che entrasse in gioco la compagnia degli EAU, non sembra ci siano mai stati bikini.
In un articolo pubblicato su Vice, Lorenzo Declich ha prontamente risposto all’ironia del giornalista torinese con un’analisi dettagliata del suo Buongiorno: “Comunque la pensiate sulle nuove divise c’è da rilevare un dettaglio: che queste non richiamano in nessun modo alcun genere di vestito tradizionale o neo-tradizionale di derivazione islamica. Nonostante questo, le nuove divise ‘coprono’ molto e la cosa, a quanto pare, ha sollevato l’interesse-minigonna del rubrichista”.
Chiarita la diatriba culturale, che ultimamente sembra essere il riferimento-onda preferito di chi non s’è mai interessato ai diritti delle donne islamiche, vale la pena concentrarsi sulla scelta cromatica delle nuove divise (descritte da Gramellini con un analitico e approfondito “brutte”): l’accostamento verde-rosso dei tessuti utilizzati, sebbene rappresenti due colori del vessillo nazionale italiano, richiama inevitabilmente una slitta trainata da renne e la variante italiana del canto inglese Deck the Halls (“rosso e verde è l’agrifoglio, fa la la la la, la la la la” cit): una mise per donne allegre e coraggiose, insomma.
E mentre aspettiamo che la scelta valga a Bilotta il primato nel guinness delle divise più discusse, apprezziamo l’elogio del Made in Italy: “I guanti più belli si fanno a Napoli, le scarpe più belle si fanno nelle Marche, la seta è tipicamente di Como, e quindi tutte le eccellenze sono racchiuse in queste uniformi”.
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