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SOFT SKILLS E IMPRENDITORIA: cosa vogliono da te le aziende per assumerti

da | 31 Dic 2016 | Attualità | 0 commenti

Facebook X Premessa doverosa: questa NON è la solita guida alla stesura del curriculum, né tantomeno un articolino zeppo di banner pubblicitari che spieghi cosa fare ad un colloquio. Questo è uno spaccato di vita di chi ha battuto il record mondiale di invio di curriculum vitae e di presenze ai colloqui di lavoro. Se […]

Premessa doverosa: questa NON è la solita guida alla stesura del curriculum, né tantomeno un articolino zeppo di banner pubblicitari che spieghi cosa fare ad un colloquio. Questo è uno spaccato di vita di chi ha battuto il record mondiale di invio di curriculum vitae e di presenze ai colloqui di lavoro. Se ti stai chiedendo se, dopo tanti invii e job interview alla fine io ce l’abbia fatta, la risposta è NI, cioè sì, ma non vedo perché fermarsi e lasciar stare il fattore “miglioramento personale”, aspirando a qualcosa di meglio o di più gratificante.

Keep on improving

Senza fartene accorgere, ti ho appena elencato la prima soft skill che i datori di lavoro cercano in un candidato, ovvero la voglia superba di non accontentarsi mai di un obiettivo raggiunto. In che senso? Ottenere un lavoro che ci piace è senz’altro una vittoria meravigliosa, ma questa non deve mai essere l’ultimo nostro traguardo. Fermarsi al primo successo ci induce ad entrare in un’area di confort che ben presto ci mangerà l’entusiasmo, la creatività, la soddisfazione personale e tante tante altre variabili positive, rendendoci zombie insoddisfatti ed invidiosi.

Le soft skills sono le cosiddette “competenze trasversali”, ovvero quelle capacità che raggruppano le qualità personali, l’atteggiamento in ambito lavorativo e le conoscenze nel campo delle relazioni interpersonali. Ad esempio la leadership, l’efficacia relazionale, il teamwork, il problem solving. Da Informagiovani

Questa voglia di migliorarsi è una delle soft skills che non troverai tra i dettagli di un’offerta di lavoro, né tantomeno la impari ai corsi di personal coaching, che personalmente detesto con tutto il cuore. Se proprio vuoi riscoprire il buono che c’è in te, ti consiglio lo psicoterapeuta. Costa meno e ti garantisce un risultato migliore. Capita a tutti, me inclusa, di sentirsi inadeguati, incapaci o addirittura inutili. Capita così spesso che gli esperti ne hanno individuato una patologia conosciuta col nome di Sindrome dell’Impostore, ovvero la continua privazione di esporsi, candidarsi o proporsi per un lavoro o per un ruolo perché si ha la sensazione di non esserne all’altezza, pur avendone tutti i meriti.

Rinunciare per non sbagliare è da pivelli. Sbagliare ci rende più saggi, non falliti

L’atteggiamento da rinunciatario è spesso la prima motivazione che porta ad essere scartati da una selezione di lavoro ed è individuabile da segnali inconsci che si trasmettono come il colera dal candidato all’esaminatore. Spalle curve, tono di voce basso e linguaggio cauto sono i sintomi più ricorrenti. Se stai per apprestarti ad un colloquio di lavoro, devi prima di tutto dimostrare che l’azienda o l’impresa ti interessino veramente! Se ti venisse chiesto: ‘Perché vuoi lavorare per noi?’ sarebbe più apprezzabile rispondere con sincerità disarmante qualcosa del tipo ‘Ho bisogno di lavorare, come tutti del resto. Ho visto l’offerta di lavoro e mi sono detto: Perché no?’, piuttosto che rispondere ‘Beh, non saprei. L’azienda però mi piace molto e una volta sono stato vostro cliente’.

Soft skills ed esercizi di empatia: provare per credere

Tornando alle soft skills, quali altre ci aiutano a trovare un lavoro? Coraggio di investire tempo e fatica, disponibilità a cambiare le proprie abitudini di vita e propensione ad apprendere senza supponenza pure se sei plurilaureato, sono solo alcune delle limature caratteriali che le aziende apprezzano. Bada bene che anche se decidi di lavorare da libero professionista, il discorso non cambia. Vuoi vendere il tuo bene o servizio a un potenziale cliente? Più che pensare a cosa vendi, pensa a capire chi hai davanti. L’empatia è un’altra ottima qualità che aiuta a raggiungere più facilmente gli obiettivi lavorativi. Per migliorare il tuo grado di empatia, fai questo esercizio: quando conosci una persona nuova, impara subito il suo nome e fai in modo che se ne accorga. Un altro esercizio è quello di imparare a chiedere con sincerità ed interessamento ‘Come stai?’, ma senza fermarsi alla domanda. Prova davvero ad ascoltare la risposta e di chi ti sta dicendo come sta, cerca di capire se la persona che hai davanti stia mentendo. Con i colleghi, più o meno dovrebbe accadere la stessa cosa. Entra in sintonia con loro, lasciali parlare dei loro interessi e fai domande. A tutti piace parlare di sé, anche a te che stai leggendo. Qualche volta, però, dobbiamo esser bravi a lasciare il posto sul palcoscenico anche agli altri. Perché ti dico queste cose? Perché alle aziende piace il candidato che dimostri di saper lavorare in squadra. Al cliente, se sei freelance, piace lavorare con qualcuno che riduca le distanze personali e si dimostri interessato alle sue necessità.

Sicuramente non ti sto consigliando di prostrarti e abnegarti a chiunque pur di avere un briciolo di lavoro

Ecco perché un’altra ottima capacità è quella della razionalità, ovvero della capacità di discernere vantaggi e svantaggi di una situazione. Essere razionali a lavoro significa individuare margini di rischio o di riuscita di un progetto, capire se il compenso previsto sia troppo basso e saper gestire un cliente invadente su WhatsApp alle tre di notte. Sembrerebbe tutto scontato, ma fidati che non è così. Se vuoi concedere un prezzo conveniente per un tuo lavoro, lavorando in libera concorrenza, sei libero di farlo ma sempre dopo aver valutato alcune cose.

Hai mai pensato che il prezzo che proponi viene percepito come il valore della tua prestazione lavorativa e non come il costo del bene/servizio che offri?  Un altro errore molto comune è quello di giudicare sé stessi per qualcosa andato storto durante un piano preparato minuziosamente. M domando a cosa serva pugnalarsi per un errore se non a far stare peggio?

Ho provato e sto provando, con fatica, a non accusare più il peso di un errore commesso a lavoro e a trasformarlo in opportunità, come accade in Asia, dove lessi da qualche parte una bella storiella di cui non ho una fonte. Questa diceria narra che l’allievo che commette un errore durante l’insegnamento sia invidiato da tutta la classe perché sarà il privilegiato della lezione a cui il maestro darà più attenzioni. Nel nostro sistema siamo abituati ad essere giudicati costantemente con etichette e valutazioni severe e troviamo difficile scrollarci di dosso questa congettura. Per vivere meglio e per lavorare con più serenità, basta imparare a darsi una pacca sulla spalla e a gratificarci più spesso. Il nostro equilibrio interiore è la base salda per costruire ottime relazioni personali e lavorative, e non dobbiamo mai dimenticarlo.

 

 

<a href="https://sopralerighe.it/author/s-ciuffetelli/" target="_self">Silvia Ciuffetelli</a>

Silvia Ciuffetelli

Copywriter e consulente di web marketing a tempo pieno. Aspirante giornalista politica. Fermamente convinta che le migliori idee nascano a pancia piena.

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