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Giovani NEET: la deriva di una generazione

by | 16 Jan 2017 | Attualità | 0 comments

Facebook X Non studiano, non lavorano, non si formano: in Italia, sono 2 milioni e mezzo i giovani NEET che hanno smesso di credere nel futuro. Chi sono i giovani NEET? Partiamo dall’acronimo. Era il 2002 quando due studiosi, Bynner e Parsons, realizzarono un saggio che analizzava l’esclusione sociale dei giovani non inseriti né in […]

Non studiano, non lavorano, non si formano: in Italia, sono 2 milioni e mezzo i giovani NEET che hanno smesso di credere nel futuro.

Chi sono i giovani NEET?

Partiamo dall’acronimo. Era il 2002 quando due studiosi, Bynner e Parsons, realizzarono un saggio che analizzava l’esclusione sociale dei giovani non inseriti né in un percorso formativo, né dal punto di vista lavorativo: furono definiti, appunto, giovani NEET (youth Not in Education, Employment or Training).

Sin da allora, è apparsa una faglia in quel percorso di sviluppo sociale che, attraverso l’istruzione o la formazione professionale, permette ai giovani di accedere all’ “età adulta”, recidendo il cordone ombelicale con la famiglia di appartenenza.

Il problema è che la faglia è diventata una voragine. E l’Italia è messa davvero male…

Quanti giovani NEET ci sono in Italia?

Stando alle ultime stime dell’OCSE, in Italia ci sono circa 2 milioni e mezzo di giovani NEET. Il dato statistico, risalente al 2005, parla del 26,9% dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni e la cosa preoccupante è che deteniamo il record negativo in Europa (dopo Grecia, Bulgaria e Romania, per intenderci).

Tuttavia è l’intera area del Mediterraneo ad essere colpita pesantemente da questo fenomeno che – come se non bastasse – va ad incidere negativamente sull’economia: l’Italia, rinunciando a dare una collocazione a questi giovani, dice addio all’1.4% del PIL nazionale.

Le cause del fenomeno sociale

Recessione economica, provenienza da famiglie disagiate, basso livello di istruzione, smantellamento del welfare sociale e background di immigrazione sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito all’acuirsi del fenomeno.

Il problema sembra essere strutturale: abbiamo milioni di giovani totalmente esclusi dall’attuale sistema socio-economico. E, più passa il tempo, più sarà difficile per loro trovare una collocazione.

Cosa fanno i giovani NEET?

Stando ai dati di una ricerca dell’Onlus WeWorld, molti si dedicano con impegno ad attività di volontariato o alla pratica di uno sport per evitare la marginalizzazione ed integrarsi in un gruppo sociale.

Altri si “arrangiano” con piccoli lavori: babysitter, hostess, volantinaggio etc., attività svolte, spesso e volentieri, a nero. Tra i giovani NEET abbiamo anche una buona fetta di laureati che, non trovando occupazione, ripiegano sulle ripetizioni private.

L’ultima categoria è quella che spaventa di più. Si tratta dei giovani rassegnati, che passano tutta la giornata senza avere reali interessi, attaccati alla tv, al pc o ai videogames. Spesso la loro situazione è aggravata da storie familiari difficili o, frequentemente, da problemi psicologici acuiti dalla condizione di isolamento.

Si tratta di una grossa fetta generazionale che è stata esclusa dalla partecipazione sociale; ragazzi che andrebbero aiutati a venir fuori dal pantano in cui rischiano di rimanere per tutta la vita.

Ma nessuno li vede e li sente, perché da tempo hanno smesso di parlare.

 

<a href="https://sopralerighe.it/author/p-brancaccio/" target="_self">Pietro Brancaccio</a>

Pietro Brancaccio

Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.

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