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Foreign fighters: 7 cose da sapere sui soldati del terrore

by | 2 Jan 2017 | Attualità | 0 comments

Facebook X Foreign figters: i soldati del terrore. Pronti a morire e ad uccidere in nome di Allah. Ma chi sono? E cosa li spinge alla furia distruttiva? Foreign fighters. Ne abbiamo sentito parlare spesso. Soprattutto in questi giorni, che dovrebbero essere di gioia. E che, dopo gli attacchi ai mercatini di Berlino, lo sono molto […]

Foreign figters: i soldati del terrore. Pronti a morire e ad uccidere in nome di Allah. Ma chi sono? E cosa li spinge alla furia distruttiva?

Foreign fighters. Ne abbiamo sentito parlare spesso. Soprattutto in questi giorni, che dovrebbero essere di gioia. E che, dopo gli attacchi ai mercatini di Berlino, lo sono molto meno…

Forse adesso, a mente lucida, possiamo provare a capire meglio chi sono questi “terroristi” e perché ci odiano tanto.

Le origini del fenomeno

Il problema non è recente, poiché comincia a svilupparsi sin dagli anni 80’, quando l’Unione Sovietica occupò l’Afganistan chiamando i talebani alla mobilitazione.

Con i conflitti in tutta l’area mediorientale (Siria, Egitto, Libia e tanti altri ancora…) si calcola che i foreign fighters, oggigiorno, siano tra le 10.000 le 30.000 unità.

Chi sono i foreign fighters?

L’attacco di Berlino è un’eccezione, poiché è raro che i foreign fighters arrivino in Europa con i barconi allo scopo di compiere atti terroristici.

Secondo uno studio dell’Icrs, i foreign fighters sono immigrati di seconda o, addirittura, terza generazione: giovanissimi (età tra i 18 e i 29 anni), ben istruiti (una buona percentuale di laureati) e, in alcuni casi, di sesso femminile (18%).

Il profilo tipico di un foreign fighter è di un giovane con problemi di disadattamento e marginalizzato nelle realtà che lo ospita. Spesso ha avuto problemi con la legge (50% dei casi) e può essere affetto da disagio psichico (20%). Si tratta, tendenzialmente, di ragazzi che vivono di “sussidio” e che non vedono nel futuro alcuna prospettiva occupazionale ed esistenziale.

Una preda facile per la fascinazione del messaggio ideologico-religioso del fondamentalismo islamico, che individua dei “nemici” da incolpare, una “causa” ed uno “Stato” da conquistare: una proposta di “senso” in un mondo che li tiene ai margini.

Perché i foreign fighters ci odiano?

I terroristi islamici credono in una causa in cui si unisce “religione ed ideologia” in senso politico. La motivazione religiosa sembra essere solo la scintilla per spingerli all’azione: molti, infatti, si convertono all’Islam solo poco prima di partire.

La causa ideologica è una componente importante: gli Stati occidentali vengono percepiti come la causa di molti mali in Medio Oriente. Del resto, il colonialismo e le pesanti influenze politiche ed economiche occidentali (che tutt’ora persistono), ci fanno apparire come usurpatori: per i jihadisti, noi siamo gli “oppressori” che hanno impedito la loro libertà e corrotto la fede islamica con un sistema economico, politico e religioso degenere.

Antimperialismo e desiderio di riconquistare uno “Stato islamico” in tutto il Medio Oriente sono elementi ideologici di grande presa. Il giornalista/scrittore Massimo Fini lo spiega chiaramente in questo breve intervento a Piazza Pulita:

Quanti foreign fighters ci sono oggi?

Secondo alcune stime recenti, dall’Europa partono circa 5.000 foreign fighters «con la Francia nettamente in testa (1700), seguita da Germania e UK (760 ciascuno), Belgio (470), Austria e Svezia (300), Paesi Bassi (220), Spagna (133) e Danimarca (125)». Dall’Italia, invece, pare siano partiti soltanto 93 combattenti di origine straniera.

Come vengono reclutati?

Attualmente i canali di reclutamento principali sono i social network e il web in generale; nello specifico, la rivista on line “Inspire fa circolare messaggi convincenti, virali e anche istruzioni su come fare attentati o costruire bombe artigianali. Del resto, per adescare giovani, quale modo migliore del linguaggio accattivante del web?

Chi li finanzia?

Generalmente i fondi per l’addestramento dei giovani jihadisti provengono da attività illecite svolte nei nostri Paesi. Chiaramente, il petrolio nelle mani dello Stato Islamico serve per pagare lo stipendio dei combattenti e per autofinanziare le strutture burocratiche. Ma anche il traffico di opere d’arte e i riscatti per i sequestri di persona sono introiti fondamentali per l’Isis.

Chi sono i “lupi solitari”?

Non sempre c’è un intermediario che mette in contatto i foreign fighters con gli estremisti che effettuano addestramenti in zone di conflitto. All’indottrinamento classico, infatti, si affianca anche la possibilità di un “auto-indottrinamento” del soggetto che si addestra tra le mura di casa.

Il neo-jihadista può agire con attentati nel Paese ospitante (anche senza alcun coordinamento con i gruppi terroristici) o decidere di partire per combattere tra le file dell’Isis.

Il fenomeno dei foreign fighters è, dunque, una duplice minaccia, interna ed esterna, che spaventa, ma con la quale dovremmo cominciare a fare i conti. Volente o nolente. Speriamo soltanto di vedere meno demagogia e più buon senso nell’affrontare un problema che difficilmente potrà essere fermato nel breve periodo.

 

<a href="https://sopralerighe.it/author/p-brancaccio/" target="_self">Pietro Brancaccio</a>

Pietro Brancaccio

Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.

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