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Nomofobia: quando lo smartphone diventa ossessione

by | 20 Dec 2016 | Benessere | 0 comments

Facebook X L’eccessivo attaccamento allo smartphone può sfociare in un disturbo chiamato nomofobia. Scopriamo di cosa si tratta e come possiamo prevenirlo. I sintomi della nomofobia Nomofobia è un neologismo introdotto nello Zingarelli del 2015. Il termine deriva da “no-mobile” ed indica quello stato ansioso che si manifesta in alcuni soggetti quando non è possibile […]

L’eccessivo attaccamento allo smartphone può sfociare in un disturbo chiamato nomofobia. Scopriamo di cosa si tratta e come possiamo prevenirlo.

I sintomi della nomofobia

Nomofobia è un neologismo introdotto nello Zingarelli del 2015. Il termine deriva da “no-mobile” ed indica quello stato ansioso che si manifesta in alcuni soggetti quando non è possibile utilizzare il cellulare per telefonare o connettersi.

La nomofobia generalmente si manifesta in soggetti ansiosi, con tendenza al controllo sugli altri o bisognosi di continue conferme: in tal caso, si tratta di personalità dagli spiccati tratti narcisistici.

Questa disturbo è accompagnato da un forte senso di solitudine quando viene meno la possibilità di essere “connessi” con gli altri ed, essendo appunto una fobia, può condurre a forti stati d’ansia, vertigini o attacchi di panico.

Uno studio in Gran Bretagna ha rilevato che il 53% degli utenti di telefonia mobile presenta sintomi di nomofobia di varia entità, con una maggior incidenza nei soggetti di sesso maschile.

Ma cosa possiamo fare per prevenire il rischio di sviluppare questa fobia?

Nomofobia: come prevenirla

Secondo la psicologa Simona Lauri, bisogna innanzitutto “rieducarsi” ad un utilizzo più attento degli smartphone, prestando attenzione a modalità e tempi di fruizione in modo che le tecnologie di comunicazione non prendano il sopravvento sulla nostra vita.

Una buona strategia è la programmazione di utilizzo: stabiliamo una o più fasce orarie da dedicare alla gestione delle attività on line evitando così di controllare compulsivamente il cellulare.

Rieducarsi significa anche abituarsi a non essere sempre on line e reperibili 24 ore su 24. Possiamo scegliere di disconnetterci volontariamente in un momento della giornata che decidiamo di dedicare ad un’attività gratificante (come fare una passeggiata o leggere un buon libro).

Oppure possiamo definire dei luoghi o delle stanze della casa in cui non portiamo i nostri dispositivi elettronici, una zona franca, da dedicare ad attività piacevoli che ci mettono in contatto con la realtà circostante.

Rieducarsi è importante. Perché inconsapevolmente tendiamo a lasciare troppo spazio ai dispositivi elettronici fino a disinteressarci del mondo e ad evitare rapporti interpersonali non mediati dalla tecnologia.

Rieducarsi è un’affermazione di libertà e indipendenza, è fare un viaggio di ritorno da un piccolo monitor di pixel luminosi al grande spettacolo del mondo.

<a href="https://sopralerighe.it/author/p-brancaccio/" target="_self">Pietro Brancaccio</a>

Pietro Brancaccio

Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.

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