Facebook X Perché le parole sono importanti? In che modo condizionano le nostre vite? Ed è vero che noi italiani ne conosciamo sempre meno? Scopriamolo insieme… “Le parole sono importanti”. Quante volte ce l’hanno ripetuto gli insegnanti a scuola? Dicevano che era fondamentale studiare l’italiano per avere cultura, trovare lavoro e una collocazione nella società. […]
Perché le parole sono importanti? In che modo condizionano le nostre vite? Ed è vero che noi italiani ne conosciamo sempre meno? Scopriamolo insieme…
“Le parole sono importanti”. Quante volte ce l’hanno ripetuto gli insegnanti a scuola? Dicevano che era fondamentale studiare l’italiano per avere cultura, trovare lavoro e una collocazione nella società. Ma non è tutto qui. Per niente!
Le parole sono importanti per motivi molto più profondi: sono il ponte che ci collega agli altri, il codice condiviso per trasmettere conoscenze, per dire chi siamo, cosa pensiamo e, soprattutto, cosa proviamo. Con le parole bisogna stare attenti: si può fare bene e si può fare tanto male. Ma quante parole ci sono nel nostro dizionario?
Quante parole ci sono nella lingua italiana?
Secondo la stima approssimativa della Treccani il patrimonio lessicale italiano è compreso tra le 215.000 e le 270.000 unità lessicali. Senza considerare le flessioni (declinazioni/coniugazioni) dei singoli lessemi, con le quali arriviamo a una cifra di circa 2.000.000 di vocaboli. Bene, detto ciò, la domanda è ovvia: quante parole usiamo di questo sconfinato patrimonio?
Tullio De Mauro, il più importante linguista italiano, ci invita a immaginare la lingua come una grande torta. Di questa torta, noi ne consumiamo soltanto una fetta: il 98% dei nostri discorsi infatti attinge al vocabolario di base che consta di 6.500 parole.
Quest’ultimo a sua volta comprende una “fettina” di 2.000 vocaboli, il lessico fondamentale di uso frequentissimo (il 90% dei nostri discorsi attinge a queste parole che impariamo sin da piccoli).
Ma quante parole usano effettivamente gli italiani?
Le parole sono importanti, ma gli italiani ne usano davvero poche
In parole povere, meno di 1/3 della popolazione ha livelli di comprensione della scrittura e del calcolo che vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna. Ma quali conseguenze ha questo dato in termini concreti? Insomma, perché ho affermato più volte che le parole sono importanti?
L’analfabetismo emotivo: non saper dire ciò che si prova
La prima conseguenza di questa situazione è l’analfabetismo emotivo. Come afferma nel suo blog Giovanna Cosenza, docente di semiotica all’Università di Bologna, gli studenti non sono in grado di esprimere quello che sentono. Non perché non vogliano farlo, ma “perché hanno un lessico talmente limitato che li spinge al silenzio”.
Prendetevi 30 secondi per vedere questo simpatico spot della Treccani che è girato parecchio in rete qualche mese fa (Le parole valgono 2016 #carino). In modo rapido e incisivo, illustra ciò di cui stiamo parlando.
A proposito di web, di fronte a tale fenomeno, come sempre, si è puntato subito il dito verso internet e i social media in generale.
Ma davvero è colpa del web se il nostro lessico è sempre più povero?
Il web e i social non impoveriscono il linguaggio
Sfatiamo un luogo comune: non è colpa del web se conosciamo sempre meno parole. Come ci spiega Valeria Della Valle, docente di linguistica all’Università di Roma, grazie alle mail e ai social scriviamo sempre di più, perché ci sentiamo meno in soggezione.
Certo la velocità e lo spazio ristretto (pensiamo agli SMS, a WhatsApp o ai 140 caratteri di Twitter) spesso ci spingono a sacrificare la punteggiatura e ad utilizzare abbreviazioni al limite dell’incomprensibile. Ecco perché – afferma Della Valle – “La scuola dovrebbe insistere di più sul concetto di registro linguistico; i ragazzi dovrebbero sapere cosa è lecito scrivere in quale ambiente, su quale piattaforma”.
Le parole sono importanti per la nostra libertà
Ma conoscere tante parole e saperle comprendere e usare ha a che fare con qualcosa di ancora più importante: la nostra libertà.
Il sapere, in generale, è l’unica arma che abbiamo per difenderci da chi sull’ignoranza fonda potere e prevaricazione. Ma questo, meglio di me, lo espone il massimo esperto della lingua italiana, Tullio De Mauro: “Purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente (…) un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni.(…) E se siamo in queste condizioni, rischiamo di diventare, come diceva Leonardo da Vinci, transiti di cibo più che di conoscenze, idee, sentimenti di partecipazione solidale”.
Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.
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