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Maestri alla Reggia, gran finale con Giuseppe Tornatore

by | 16 May 2016 | Cinema | 0 comments

Facebook X Serata finale di Maestri alla Reggia martedì 10 Maggio a Caserta.  Veltroni intervista Giuseppe Tornatore che racconta come nascono i suoi film. La rassegna Maestri alla Reggia è giunta al termine della sua avventura nel cinema italiano. La sala della Cappella Palatina non è mai stata così affollata. Presenti tutte le anime di […]

Serata finale di Maestri alla Reggia martedì 10 Maggio a Caserta.  Veltroni intervista Giuseppe Tornatore che racconta come nascono i suoi film.

La rassegna Maestri alla Reggia è giunta al termine della sua avventura nel cinema italiano. La sala della Cappella Palatina non è mai stata così affollata. Presenti tutte le anime di questo progetto: il rettore della Seconda Università di Napoli Giuseppe Paolisso, il direttore della Reggia Mauro Felicori, la direttrice di Ciak Piera De Tassis e Walter Veltroni nel ruolo di intervistatore. E poi c’è lui, il Maestro Giuseppe Tornatore, accolto con grande affetto, un po’ perché i suoi film fanno parte di noi italiani e un po’ perché il suo modo di parlare rapisce essendo già di per sé sogno, favola, narrazione…

Il cinema secondo Giuseppe Tornatore

Ma che cos’è il cinema per Tornatore? È questa la domanda che Walter Veltroni rivolge per primo al Maestro. Lui, sorridendo, afferma:

La serata dell’Oscar del 1990 per Nuovo Cinema Paradiso non la dimenticherò mai. Non per il premio ricevuto, ma per le parole di Akira Kurosawa che, nel ritirare l’Oscar alla carriera, disse: <Mi chiamo Akira Kurosawa, ho 80 anni. Ho fatto 30 film, ma non ho ancora capito l’essenza del cinema>. Non esiste una ricetta prestabilita per fare un film. Il cinema è qualcosa di inafferrabile, ha sempre una componente di mistero”.

Come sono diventato un regista

La storia del suo amore per il cinema è stata affascinante. Sin da bambino, Tornatore fu conquistato dalla magia dello schermo, tanto da cominciare a frequentare la cabina di proiezione del cinema di Bagheria, in provincia di Palermo. A 14 anni cominciò a fare il proiezionista. Il primo film proiettato in completa autonomia fu il western Un dollaro d’onore: “quel momento fu la cosa più emozionante della mia vita”.

Poi la passione per la fotografia e il Super 8 con il quale cominciò a girare i primi documentari autoprodotti. Uno di questi piacque molto al pittore Renato Guttuso che scrisse un pensiero sul film, poi pubblicato da un quotidiano. Ne conseguì una certa notorietà: la Rai acquistò il documentario e assunse il giovane regista come collaboratore alla regia per alcune trasmissioni.

 Il Camorrista: una bugia val bene un film!

E così giungiamo al primo successo di Tornatore, Il Camorrista (1986) che gli valse il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. La realizzazione del progetto fu rocambolesca, quasi un film nel film: “Mi ero fissato che volevo fare un film sul libro di Joe Marrazzo. Ad un certo punto mi intervistarono sul progetto e io dichiarai che il produttore sarebbe stato Goffredo Lombardo, anche se in realtà non mi aveva ancora detto si. Lui mi disse che ero stato un farabutto. Ma alla fine accettò. E così nacque Il Camorrista”.

Nuovo Cinema Paradiso: la lunga strada del successo.

La storia di Nuovo Cinema Paradiso raccontata dal regista è ancor più interessante. Il film uscì nel 1988, ma il distributore non investì molto nella promozione. Nelle sale andò male e fu accusato di essere lungo. Così Tornatore si lasciò convincere a farne una versione ridotta di quasi 50 minuti. Tuttavia l’esito in sala fu nuovamente disastroso. Poi il film vinse il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes (1989) e uscì per la terza volta, incassando un miliardo. Quando arrivò l’Oscar per il miglior film straniero (1990), uscì nelle sale italiane per la quarta volta, totalizzando 4 miliardi di lire.

Questa storia sembra essere un apologo per chi ha un progetto artistico: bisogna credere in ciò che si è realizzato fino in fondo. Cosa sarebbe stato se Nuovo Cinema Paradiso non fosse stato difeso e promosso nonostante i (tanti) pareri negativi in Italia?

Lo stile di Tornatore e i suoi maestri

Il linguaggio di Tornatore è cambiato nel tempo passando da film corali e spettacolari (La leggenda del pianista sull’oceano, Baaria) a recenti produzioni (La migliore offerta, La corrispondenza) dall’impianto fortemente intimista. Per Tornatore, in realtà, l’approccio non cambia molto: “il film deve reggere su un impianto che sostenga l’attenzione dello spettatore che è un qualcosa a prescindere dalla coralità”.

Interrogato da Veltroni sui suoi maestri cinematografici, Tornatore afferma di essere stato sempre “onnivoro”, di non aver mai preso le parti di una sola tipologia di cinema (il riferimento era all’antica querelle tra i sostenitori del cinema di Visconti di stampo teatrale e quello di Fellini, tutto immaginazione ed estro creativo). A proposito di Fellini, Veltroni lo ricorda come “un meraviglioso bugiardo, anche nella vita. Non sapevi mai se ti stesse dicendo una favola o la verità. Ma, in fondo, cosa importa? La creazione umana è sempre una verità”.

Alla domanda di rito sui tre film che porterebbe su un’isola deserta, Tornatore cita Le luci della città di Chaplin, Delitto perfetto di Hitchcock e il primo film che ha visto da solo al cinema, Gli argonauti.  Per quanto riguarda invece gli attori preferiti, ci scherza su: “sull’isola porterei solo le attrici. Ma non posso fare i nomi!”.  

La musica di Morricone per chiudere Maestri alla Reggia

Si è parlato anche di musica per film che il regista concepisce come un sottotesto nascosto, importante quasi quanto una buona sceneggiatura, in quanto “suggerisce ciò che la sceneggiatura non dice”. Ed è così che si chiude questo bel viaggio nel cinema italiano intitolato Maestri alla Reggia. Con le note di Ennio Morricone sulla sequenza dei baci di Nuovo Cinema Paradiso, tutti in piedi, con le emozioni a fior di pelle.

 

 

Foto Credit: Denis Makarenko / Shutterstock.com

<a href="https://sopralerighe.it/author/p-brancaccio/" target="_self">Pietro Brancaccio</a>

Pietro Brancaccio

Laureato al DAMS (Discipline d’Arte, Musica e Spettacolo), scrive di arte e cultura perché – parafrasando Dostoevskij – è profondamente convinto che la bellezza salverà il mondo. È appassionato di viaggi, culture straniere e dei nuovi stili di vita che uniscono tecnologia avanzata e sapere arcaico della Natura.

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