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Si è svolto negli scorsi giorni a Firenze l’Incontro tra i ministri della Cultura dei 7 Grandi (ne abbiamo parlato qui). Tra i risultati dei tavoli di discussione, il momento più importante è stato la firma della Dichiarazione di Firenze: vediamo di cosa si tratta.
Firenze ci tiene a fare la parte della capitale della cultura. E l’Italia ci tiene a fare la parte della nazione della Cultura. Così è capitato che l’Italia abbia proposto per prima di fare un G7 della Cultura, che esso si sia svolto per la prima volta a Firenze e che, per dare un segno tangibile di questo evento i 7 ministri della Cultura dei 7 Grandi del mondo abbiano scritto e firmato una Dichiarazione internazionale, che da oggi passa alla storia come Dichiarazione di Firenze. La Dichiarazione è stata redatta durante l’incontro “La cultura come strumento di dialogo tra i popoli” e la notizia della sua firma ha fatto subito il giro del mondo.
La Dichiarazione affronta numerosi temi (qui il testo completo). Del resto non detta legge, ma indica una presa di posizione ufficiale, a livello mondiale, che possa essere di indirizzo nelle scelte delle politiche culturali dei Paesi coinvolti e, a cascata, del mondo intero. Per questo non può prescindere dall’operato dell’UNESCO e dell’ONU, ai quali viene ribadita la massima fiducia e collaborazione fattiva.
La Dichiarazione apre con una dichiarazione di intenti: “il patrimonio culturale, in tutte le sue forme, materiale e immateriale, mobile e immobile, quale nesso straordinario tra il passato, il presente e il futuro dell’umanità: contribuisce a preservare l’identità e la memoria dei popoli e favorisce il dialogo e lo scambio interculturale tra tutte le Nazioni, alimentando la tolleranza, la mutua comprensione, il riconoscimento e il rispetto delle diversità; è uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo sostenibile della società, anche in termini di prosperità economica; ed è al contempo motore e oggetto delle più avanzate tecnologie, nonché uno dei principali ambiti in cui misurare le potenzialità offerte dall’era digitale”
Cultura dunque come legame tra le nazioni, come occasione di incontro, ma anche come stimolo per lo sviluppo tecnologico: partire dal passato per arrivare a costruire il futuro.
A seguire la Dichiarazione richiama le tragiche distruzioni di beni culturali nel mondo, derivati non solo da atti terroristici, ma anche da eventi calamitosi, come i recenti terremoti ad Amatrice e a Norcia, che hanno provocato ingenti danni al patrimonio culturale. Tuttavia sono le distruzioni dolose di interi siti culturali (come ad esempio Palmira, il cui Arco è stato ricostruito per l’occasione in piazza della Signoria) a preoccupare maggiormente i 7 firmatari i quali rivolgono un appello agli Stati “affinché agiscano sia per incrementare la propria azione di tutela e conservazione del patrimonio culturale, ivi incluso il patrimonio delle minoranze religiose ed etniche, sia per individuare e condividere le migliori pratiche atte a contrastare ogni forma di attività illecita in questo ambito, comprese le pratiche relative alla tutela del patrimonio a rischio in zone di conflitto”; per questo auspicano una collaborazione a livello internazionale che agevoli “soluzioni condivise per assicurare la tutela e la promozione del patrimonio culturale e delle diversità culturali.”
Parlando di internazionalità, la Dichiarazione afferma “il ruolo guida dell’UNESCO nel coordinare gli impegni internazionali all’interno del suo mandato di tutela del patrimonio culturale, in stretta collaborazione con gli Stati membri e le pertinenti organizzazioni internazionali.”
L’appello più accorato è quello che riguarda la difesa del patrimonio culturale delle aree a rischio per guerre, saccheggi, devastazioni, conflitti armati, luoghi dov’è più facile che avvengano depredazioni e furti che vanno ad alimentare un traffico illecito di beni culturali già particolarmente fecondo. Gli Stati sono invitati a vigilare, a monitorare e a collaborare con gli organi di controllo internazionali.
Ma il primo modo per difendere il proprio patrimonio culturale è conoscerlo, perciò la Dichiarazione esorta “tutti gli Stati a dare la precedenza alla tutela e alla fruizione del patrimonio culturale, anche tramite campagne di sensibilizzazione del pubblico e l’educazione, allo scopo di preservare la memoria del passato per le future generazioni, di promuovere lo sviluppo della cultura e di favorire il dialogo interculturale e la pace tra le Nazioni”. L’educazione diventa una parola chiave, dunque: e speriamo che serva, visto che l’attuale tendenza, in Italia, è diminuire le ore di Storia dell’Arte nei programmi scolastici. Che possa essere, questa, un’inversione di tendenza?
La Dichiarazione conclude designando il 2018 quale Anno Europeo del Patrimonio Culturale. Inoltre invita le presidenze dei prossimi G7 a favorire altri incontri dei ministri della Cultura, in modo da proseguire nella direzione impostata dalla Dichiarazione.
E proprio su queste ultime parole della Dichiarazione vale la pena di ricordare quanto ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella, che ha proposto di invitare ai prossimi G7 Cultura anche le città europee della Cultura, in modo da coinvolgere in modo più fattivo e concreto le città, e le persone, nella progettazione delle politiche culturali di respiro anche internazionale.
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