Facebook X Crisi economica, precarietà, diseguaglianze sociali: ma è davvero questo il nostro futuro? P. Mason, in Postcapitalismo, prefigura un’alternativa possibile. Ci sono problemi che viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni, ma questa vicinanza purtroppo non si trasforma in maggiore comprensione. Postcapitalismo di Paul Mason – giornalista economico britannico per Channel 4 – è un’attenta […]
Crisi economica, precarietà, diseguaglianze sociali: ma è davvero questo il nostro futuro? P. Mason, in Postcapitalismo, prefigura un’alternativa possibile.
Ci sono problemi che viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni, ma questa vicinanza purtroppo non si trasforma in maggiore comprensione.
Postcapitalismo di Paul Mason – giornalista economico britannico per Channel 4 – è un’attenta analisi del sistema neoliberista, che oggi attraversa una fase di profonda crisi.
Per me, è stato un importante strumento per comprendere dove ci troviamo e dove siamo diretti nel settore che, forse più di ogni altro, condiziona le nostre esistenze: l’economia.
Non abbiamo molto tempo
Lo scenario economico futuro – stando ai dati dell’OCSE – non è per niente rassicurante. Nei prossimi cinquant’anni, il tasso di crescita delle economie avanzate si attesterà attorno al 3% (nella migliore delle ipotesi). Questo misero dato non basterà a garantirci un futuro migliore. Anzi, secondo Mason, ci sono almeno due fenomeni che minacciano seriamente la nostra esistenza.
Il primo è l’innalzamento della temperatura terrestre media. Checché ne dica Trump, entro il 2050, se non adotteremo seri provvedimenti, sfonderemo la soglia limite dei 2 gradi centigradi.
Secondo l’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), la conseguenza sarà un acuirsi dei fenomeni climatici estremi (uragani, tifoni, siccità etc.) che già oggi flagellano il nostro pianeta. Per farla in breve, la Terra rischia il collasso se non ridurremo drasticamente le emissioni di CO2 e non riformuleremo radicalmente i nostri modelli energetici.
Il secondo grave pericolo è la “bomba demografica”. Entro il 2050, la popolazione mondiale si attesterà attorno ai 9.6 miliardi, sarà sempre più anziana in Occidente e ci saranno altissimi costi sociali da sostenere. Purtroppo, i sistemi previdenziali non ce la faranno a reggere l’urto e salteranno in aria.
Il libero mercato è una bufala
Postcapitalismo è in primis una lucida critica del sistema neoliberista, che ancora governa le nostre economie. L’autore sostiene che, in realtà, il libero mercato non è mai stato “libero”.
L’affermazione del sistema neoliberista non sarebbe stata possibile senza una lunga serie di interventi statali e l’idea che il mercato sia un organismo capace di trovare autonomamente un equilibrio è in gran parte falsata.
Privatizzazioni selvagge, distruzione sistematica del welfare, sostegno ai grossi trust, smantellamento dei diritti dei lavoratori, sono solo alcune misure che ci permettono di comprendere che viviamo in un sistema in cui non solo gli Stati intervengono, ma permettono ad alcuni di «socializzare le perdite e capitalizzare i guadagni».
Avete qualche dubbio? Allora pensate al recente salvataggio di Stato del Monte dei Paschi di Siena, finanziato con l’emissione di nuovo debito, che ricadrà puntualmente sulle spalle dei contribuenti.
Globalizzazione: ecco i vincitori!
La globalizzazione non ha prodotto solo problemi, come si potrebbe pensare. Secondo Mason, tra il 1988 e il 2008, i redditi di due terzi della popolazione mondiale sono cresciuti in modo significativo.
Tuttavia, l’1% ricco ha avuto un incremento dei propri redditi del 60% e quell’1% è composto soltanto da 62 persone che, messe insieme, sono più ricche di 3,6 miliardi di esseri umani.
I ceti medi, al contrario, non hanno ricevuto grossi benefici dalla globalizzazione e sono finiti in una “fossa” statistica dove troviamo probabilmente «gli afroamericani degli Stati Uniti, i bianchi poveri della Gran Bretagna e gran parte della forza lavoro dell’Europa meridionale».
L’utopia dell’”infocapitalismo”
Lo scenario non è del tutto buio. L’elevato sviluppo tecnologico dell’ultimo secolo ha creato un essere umano istruito e costantemente connesso. Il sapere è a portata di mano e la rete non è facilmente controllabile.
Mason parla del postcapitalismo nei termini di un infocapitalismo, testimoniato da realtà come Wikipedia, Linux e dall’open source in generale. Si tratta di un fenomeno innovativo fondato sulla condivisione di conoscenze, sulla cultura dello scambio e del dono radicalmente alternativa rispetto allo sfruttamento economico dei grossi monopoli. L’infocapitalismo si pone come nuovo modello economico e sociale: una produzione tra pari che erode dall’interno il sistema capitalista.
Secondo Mason, l’elevato livello tecnologico contemporaneo potrebbe garantirci una maggiore libertà dal lavoro che, in buona parte, sarebbe svolto tramite l’automazione. Potremmo avere un’esistenza dignitosa, appagata e, soprattutto, non ridotta alla schiavitù di quelle che ormai sono diventate le 10-12 ore lavorative delle metropoli contemporanee. Il tempo libero potremmo sfruttarlo per curare gli affetti, dedicarci al sociale, imparare uno strumento, leggere, insomma crescere come esseri umani pensanti.
Il problema è che, per arrivare a questo, bisognerebbe compiere scelte radicali, smantellare i monopoli (anche quelli informatici di Google, Apple, Facebook etc.), socializzare i sistemi finanziari, mettere al bando petrolio e combustibili fossili, redistribuire razionalmente le risorse del pianeta.
Ed è qui che il discorso di Mason, per quanto affascinante, mi sembra troppo spinto verso l’utopia. Anche se il mondo sembra non lasciarci molto tempo, è difficile che quell’1% cambi idea sulla base di pacifiche argomentazioni razionali.
Forse solo la natura o la guerra riuscirà a convincerli: ma allora, probabilmente, sarà troppo tardi per fare marcia indietro.