Il periodo di feste natalizie che coincide con il periodo di ritorno a casa dai propri famigliari, porta con sé sempre un carico emotivo intessuto di rancori e drammi non rivelati mai in pieno. L’altra coincidenza è l’uscita in sala de È solo la fine del mondo, il nuovo film del 27enne enfant prodige del cinema canadese Xavier Dolan.
Tratto dall’omonimo testo teatrale di Jean Luc Lagarce (1990), È solo la fine del mondo racconta del ritorno a casa del 30enne Louis, un famoso drammaturgo omosessuale, dopo 12 anni di assenza. Vuole rivelare alla propria famiglia di essere malato ma la paura lo blocca al punto che, dopo una giornata trascorsa insieme, porterà con sé il proprio segreto. Nonostante sia trascorso tanto tempo, le dinamiche familiari non sono mutate.

Fino alla fine del film non viene svelata la malattia del protagonista né il motivo per cui non si è mai fatto vivo con la famiglia. Louis potrebbe essere malato di HIV o di cancro. Ma Dolan lascia fuori fuoco questo dettaglio e mette a fuoco la paura di Louis. Una paura di affrontare i rapporti fragili con i fratelli e la madre anziché la consapevolezza di essere un malato terminale.

Una famiglia quella di Louis nervosa e chiassosa, che non si riesce a comprendere l’uno con l’altro e preferisce attaccarsi verbalmente offendendo l’altro. Louis invece è pacato, di poche parole e molto gentile.

È certo che tutti lo attendono, riponendo un certo grado di tensione e disagio sull’incontro in sé. La madre si trucca e prepara il pranzo in ogni minimo dettaglio, la sorella minore non vede l’ora di conoscerlo perché se lo ricorda poco o niente, Antoine il fratello maggiore è quello più burbero che manifesta subito il suo turbamento. E poi ci sta la moglie Catherine, sottomessa e sensibile, che capisce poco dopo il motivo della visita di Louis.

In È solo la fine del mondo viene scandito un tempo caduco e claustrofobico che abilmente Dolan mostra con primi piani ravvicinati, marcati da una smorfia, una lacrima o uno sguardo. E poi tutte le parole importanti non dette e soffocate per dar posto a quelle vuote e inutili messe in scena da un cast ammirevole e imponente formato da Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel e Marion Cotillard.

Non sarà tra i film più belli di Dolan, se pensiamo a Mommy e Laurence Anyways, ma ci si può rispecchiare facilmente. È solo la fine del mondo è un film sul dramma familiare in cui bollono a fiamma bassa per anni sentimenti non annunciati ma sempre latenti come la gelosia e la rivalità, il bisogno e l’abbandono, la rabbia e la nostalgia. C’è anche in questo film il ruolo invadente della madre, la scoperta della sessualità e i dialoghi isterici e urlati.

C’è da dire che Dolan ha un’incredibile talento nel scegliere le musiche dandogli spessore come per Dragostea Din Tei Numa Numa di O-Zone e conferma l’infinita sensibilità quando inserisce brani come Spanish Sahara dei Foals e Hear you me dei Jimmy Eat World, per non parlare della conoscenza musicale con Home is where it hurts di Camille e quanto i suoi gusti siano giustamente influenzati dai suoi anni con I miss you dei Blink 182 e Natural blus di Moby.

È solo la fine del mondo, vincitore del Grand Prix della Giuria e candidato dal Canada agli Oscar per il migliore film straniero, è distribuito da Lucky Red ed esce in sala dal 7 dicembre.