Facebook X Alessandra Mussolini, leader indiscussa dei salotti politici televisivi italiani, è stata sopraffatta da una rabbia incontenibile nella trasmissione di Belpietro “Dalla vostra parte “. Accade su Rete4. La produzione invita il controverso quanto amato Bello Figo in un’arena in cui partecipano vecchie e nuove glorie del panorama moralista italiano. “Ma vai nel tuo […]
Alessandra Mussolini, leader indiscussa dei salotti politici televisivi italiani, è stata sopraffatta da una rabbia incontenibile nella trasmissione di Belpietro “Dalla vostra parte “. Accade su Rete4. La produzione invita il controverso quanto amato Bello Figo in un’arena in cui partecipano vecchie e nuove glorie del panorama moralista italiano. “Ma vai nel tuo paese, vai nel Ghana”, urla concitata la Mussolini. “Questo è il mio paese, come faccio a andare nel mio paese, ci sono già!” le risponde tranquillo e sorridente Bello Figo. La storia la conosci già, ma vorrei soffermarmi sul momento in cui, al culmine della provocazione, tutti i presenti, assuefatti da deliri populistici di stampo razzista, non fanno altro che ripetere: “Ma è una vergogna!”, oppure “Tornatene a casa tua!”, “Noi italiani siamo stanchi”, e per finire in bellezza “Anche noi vogliamo essere come i profughi!” Ho sperato più e più volte di aver sentito male. Ma questa è la triste realtà.
L’opinione pubblica improvvisamente si divide tra chi ritiene che Bello Figo sia un fenomeno da baraccone, uno scempio umano con un discreto seguito social di “profughi” e chi invece ammira il lavoro di provocazione messo a punto per far infervorare proprio quel pubblico di razzisti che lui stesso prende in giro, cantandone le principali argomentazioni da bar e i più beceri luoghi comuni sugli immigrati e sui profughi. Ho iniziato ad arrovellarmi su questo caso di fraintendimento collettivo al punto che mi sono permessa di scriverne una mia personale riflessione, partendo proprio da quello che chiameremo d’ora in poi, EffettoBelloFigo e che sta alla base del declino della televisione, quando questa pretende di atteggiarsi come innovativa semplicemente prendendo in prestito contenuti e formati dal web.
Accade oramai, con una frequenza disarmante…
…di ritrovare innovativi e geniali prodotti del web riproposti dalla televisione, quale momento di consacrazione del loro successo. Prima di Bello Figo è toccato a Martina dell’Ombra, il personaggio irriverente che spopola sui social atteggiandosi a ragazza superficiale e ignorante. Le sue provocazioni hanno tirato fuori il peggio della rete al punto da essersi procurata valanghe di minacce di morte, di stupro e di atroci violenze. Il personaggio non ha mai ceduto alla gogna pubblica al punto da far credere tutt’ora che sia reale, o meglio, realmente stupida. Con un’ospitata dalla Gruber, Martina dell’Ombra ha potuto fugare ogni dubbio e far sapere ai telespettatori che il suo sia semplicemente un riuscitissimo esperimento di trolling sociale. L’EffettoBelloFigo, però, continua ancora ad attraversare i suoi profili social, dando la piena dimostrazione che, sebbene il trucco sia stato svelato, ci sia ancora qualcuno duro a comprendere, quel qualcuno che oggi viene definito con l’epiteto inflazionato quanto tristemente-vero di “Analfabeta funzionale”.
Questi menzionati sono solamente i casi più eclatanti
Ve ne sono poi altri che hanno attraversato un processo inverso, ovvero dalla TV allo smartphone, come Giulia de Lellis e Asia Nuccetelli. Entrambe hanno visto ascendere la popolarità social grazie alla televisione. Acerrime nemiche con il comune interesse di scalare la vetta della popolarità, il loro seguito di followers è esploso dopo aver partecipato, direttamente e indirettamente, al programma televisivo trash per eccellenza, il Grande Fratello. L’EffettoBelloFigo, in questo caso, ha funzionato a metà. Le due avvenenti signorine non hanno mai nascosto il loro vero modo di essere e hanno sempre fatto grande vanto della rispettiva fame di popolarità. Questo le rende amate e odiate e, dunque, chiacchierate. Strategia vincente? Ai posteri l’ardua sentenza.
Arriviamo al focus di questa analisi, ovvero alla trasposizione dei contenuti dal web alla televisione
Personalmente ritengo che questa tendenza di prendere in prestito i personaggi dal web sia solo la dimostrazione che la televisione abbia iniziato il suo lento e indecoroso declino. Com’essa, anche i giornali si fecero prendere dal panico quando la rete prese il sopravvento nel panorama dell’informazione. La viralità gratuita delle notizie spinse le grandi redazioni a porre in atto degli escamotage per salvare i bilanci. Ad un certo punto, gli editori hanno compreso di doversi arrendere all’anarchia informativa della rete e si sono riposizionati su un pubblico elitario, che legge i giornali per necessità “lavorative” o di approfondimento intellettuale. La televisione si trova nella stessa situazione dei giornali di 5/6 anni fa e sta dimostrando tutta la sua arretratezza e la sua incapacità di intrattenere il pubblico copiando e riutilizzando continuamente materiale già prodotto altrove. Ne è un chiaro esempio “Selfie”, programma condotto dalla Ventura, di cui non ci interessa il format in sé, perché già visto e rivisto in numerosi reality del gigante Real Time. Sintomatico di questa mancanza di idee è proprio il nome del programma, cioè l’autoscatto, un concetto più social che televisivo. Facendo un po’ di zapping, capita spesso di imbattersi in “programmucci” che imitano i format visuali del web come Gogglebox, che trasforma gli spettatori in protagonisti intenti a commentare la tv dal proprio salotto di casa. Banale, noioso, inutile. Scorrendo tra i canali, ci si imbatte in “Gli Sbandati”, piccolo show di intrattenimento a cui partecipano, in qualità di panelist, personaggi pescati da ogni dove, tra cui per l’appunto il web, ovvero Il Pancio. Quest’ultimo è un comico 2.0 che basa la sua fortuna su cliché legati al rapporto di coppia odierna, per nulla preparato e formato sulla presenza televisiva. I telegiornali poi, convinti che il contenuto virale sia riadattabile alla forma di “notizia” dedicano ampio spazio al web, riproponendo tweet, video e post di qualsivoglia forma come news di colore. Ma non è tutto, perché c’è chi da questa migrazione di contenuti ha saputo trarne la sua fortuna. Pensa a Enrico Mentana, Direttore del TG di La7. Le sue maratone secolari, conosciute con l’hashtag di #MaratonaMentana sono divenute oramai un trend culturale indiscusso e che spinge gli utenti a seguire il TG prontamente con lo smartphone in mano. Lo hanno capito bene quelli di X-Factor e la produzione di Serie A Live, format televisivi in cui, a far da protagonista sono spesso e volentieri i tweet degli spettatori, che dovremmo forse iniziare a chiamare col nome di webtatori.
Tirando le somme da tutta questa carrellata di esempi, c’è speranza per la Tv?
No. La mia risposta è no. Di indole sono pessimista e portata a pensare che non ci sia mai fine al peggio. Tuttavia, come per i giornali, un piccolo barlume di speranza mi sento di concederlo. Gli ascolti, come i like e le vendite di cartaceo sono flussi di tendenze in continuo movimento per cui, sta alla capacità di chi lavora nell’informazione e nell’intrattenimento sollevare le sorti quando gli incassi stagnano. Se, in maniera dolorosa e graduale, i giornali hanno imparato a proprie spese a differenziare la propria offerta informativa tra online ed offline e ad inserire meccanismi di vendita della notizia per sostenere i costi di ben due redazioni sotto la stessa testata, anche la televisione può in qualche modo ravvedersi. Servirebbero, a mio parere, consigli d’amministrazione nuovi, popolati da mix proporzionati di nativi digitali e “paninari” dei meravigliosi anni ’80. Occorre differenziare informazione e intrattenimento, creare qualcosa di nuovo, che non esista altrove. E, prima di tutto, occorre ammettere e avere ben chiaro in testa che, come cita Marco Montemagno, gli smartphone siano diventati ormai la nuova televisione.
Lascio la parola a te che stai leggendo: c’è speranza per la nostra televisione?
Copywriter e consulente di web marketing a tempo pieno. Aspirante giornalista politica. Fermamente convinta che le migliori idee nascano a pancia piena.